sottochiave

Quante chiavi abbiamo tolto dalla toppa. L’occhio simbolico si appoggiava per ottenere i peccati del voyeur nell’innocente bonomia del “guardare”. Guardare è possedere e il vedere è investigazione, è stipulazione.

 

Il guardone è anche custode di colui che guarda, cioè è custodito a sua volta. Chi guarda (scrivemmo nel ’65) è guardia del guardato ma è riguardato. Riguardare ancora? Non siamo più quelli che eravamo ma siamo quelli che siamo, guardiamo ora solo le chiavi che aprono e chiudono qualcosa che non conosciamo più, che lasciano scoperta la toppa per appoggiare l’occhio del guardone, ma la toppa è cieca, è affetta da cataratta.

 

Guardare era una malattia intellettuale se non una aggressività erotica; il mio (ex) guardone non ha più la pupilla aperta e non compie più rimozioni erotiche-oniriche ma incontra solo “cose” del quotidiano inoltrato, anche se, ora, il “vedere” è un bottino fantomatico e si posseggono solo fantasmi.

 

Ma con queste chiavi si dovrebbe mettere in moto meccanismi di apertura e chiusura, strumenti per serrare, “imprigionare”, ma meglio per aprire dal cielo le porte verso la terra.

 

Esistono tanti tipi di chiavi: dalla “maschia”, senza buco nel fusto, alla “femmina”, dal cannello vuoto, a quella “doppia” che incrocia i due sensi per toppe diverse. Ancora dizionario, ancora inventario?

Esiste anche “l’adulterina” cioè la falsa chiave, la chiave falsa; si indicava anche l’importanza delle chiavi “apostoliche” (quelle di San Pietro), autorevoli e simboliche sino a quelle pur modeste, ma d’oro, per i portieri d’albergo; poi ancora quelle per orologi.

 

Dire che la chiave di un problema, di un rebus, di una vicenda cioè il fulcro, il perno della soluzione è un detto usuale, avere la chiave della situazione. La chiavetta dell’accensione, quelle di struttura di una “volta”, chiavi musicali.

 

Esistono anche chiavi “fisse”, a “settore”, a “croce”, a T, a rullino, poligonali, a tubo e ad anello, con cannello, e mappe e scontri. Si dice anche “chiavi in mano”, non donate ma dovute dopo l’acquisto. Oppure tutto “sottochiave”, tutto custodito, conservato, difeso, sorvegliato.

Qui è la pittura, tutta su tavola, a volte sagomata, che custodisce le chiavi, è il segno, spesso pirografato, a fuoco, che insinua meccanismi inusuali e non detti. Chi sa se si aprirà questo tutto “sotto chiave”.

 

 

Concetto Pozzati  2014

 

Sono notoriamente molto superstizioso e le chiavi sono un portafortuna, se non la dialettica del chiuso-aperto-chiuso.